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Bonetti: «Il Mes va usato il prima possibile. Sostenere le famiglie e le donne per ripartire»

30 Settembre 2020 – Il Messaggero

«Il Mes va usato il prima possibile». Elena Bonetti, ministra  per le pari opportunità e la famiglia, interviene nel dibattito che tiene banco nel governo e si schiera senza dubbi tra i sostenitori della necessità di usare il cosiddetto Fondo salva-stati.

Il prestisto da 36 miliardi che l’Europa mette a disposizione dei Paesi per affrontare l’emergenza Covid servirà «a ridisegnare il sistema socio-sanitario con presidi territoriali e a renderlo innovativo così da poter essere efficiente, riconnettare le persone e garantire pari opportunità a tutti». La ministra ha parlato oltre che di Mes, anche di Family Act, lavoro delle donne, squilibri tra nord e sud intervendo a una tavola rotonda all’interno del Festival delle città organizzato a Roma da Ali, Autonomie locali italiane, sul tema della famiglia.

Le famiglie

«Il vero sconfitto dell’emergenza sanitaria è l’individuo visto nella sua solitudine – ha detto la ministra – Se non rafforziamo i legami di comunità, il Paese non sarà in grado di rispondere alla crisi e ripartire. L’Italia vive una sua molteplicità e serve ora ridisegnare la comunità, come ci ha insegnato l’esperienza del Covid, non solo per quanto riguarda la resilienza. E la prima comunità è la famiglia che in queti mesi è stata luogo di cura, di educazione, di responsabilità e di relazioni». Non a caso, aggiunge Bonetti, il primo provvedimento «che definisce la ripartenza del Paese  è stato il Family Act. Una persona oggi non è divisibile a secondo del suo ruolo sociale o del genere, le varie dimensioni vanno integrate in un nuovo modello sociale». Un welfare di comunità, appunto, che «oggi ha decisamente un volto nuovo».

E dunque, va «ridisegnata la fiscalità», per sostenere «l’investimento per il futuro e per la società che fanno le famiglie». E va incentivata l’occupazione delle donne «con la decontribuzione, gli aiuti alle imprese femminili, il superamento del gap negli studi Stem». Per le imprese promuovere le pari opportunità dovrà diventare un vantaggio, con «una valutazione trasversale delle azioni volte a garantire la parità di genere».

Più asili nidi e servizi, ovviamente, ma in un’ottica più generale, suggerisce la ministra, «vanno ripensati i tempi del lavoro e delle città, ci vuole una riprogettazione urbana», altrimenti limitarsi ad aumentare i congedi parentali non può bastare.  E il gap,  in servizi e occupazione, tra nord e sud? «Vanno messi in campo strumenti differenti, le maggiori risorse dei fondi stanziati per asili nido e servizi educativi vanno destinati ai territori che ne sono privi».

Pari opportunità

Oltre alla ministra sono intervenuti l’avvocata Andrea Catizone, responsabile dipartimento Pari opportunità di Ali, la professoressa Flaminia Saccà, presidente del corso di laurea in Scienze politiche dell’università della Tuscia, il sindaco di Salemi, in provincia di Trapani, Domenico Venuti e quello di Trento, Franco Iasenelli.
«Tutte le amministrazioni – propone Andrea Catizone –  assumano come obiettivo il raggiungimento delle pari opportunita che non è un tema femminile ma interessa tutti i cittadini dal momento che il livello di sviluppo della società si misura dal livello di partecipazione delle donne. La richiesta è quella di destinare parte del Recovery Fund alle amministrazioni locali, ai servizi sociali e alla promozione dell’occupazione femminile».

Si è parlato anche di violenza, «stereotipi e pregiudizi di genere presenti nella termonologia usata da polizia, giudici e avvocati espongono le vittime a una doppia violenza», sostiene la professoressa Saccà che all’argomento ha dedicato uno studio.  «Serve la collaborazione degli amministratori – aggiunge l’avvocata Catizone – per monitorare che le linee guida nazionali per le donne che subiscono violenza siano applicate, a cominciare dai pronto soccorso».

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